In questo momento di emergenza globale appare sempre più evidente che le misure anti-contagio e i protocolli di sicurezza sui luoghi di lavoro, condivisi nelle scorse settimane, non potranno essere considerati solamente una risposta puntuale al COVID-19 da lasciarci alle spalle ma che con grande probabilità ci accompagneranno anche nei prossimi mesi.
In vista della riapertura è necessario che le aziende implementino nuovi standard organizzativi per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e rispettare le normative, linee guida regionali e il protocollo d’intesa siglato con i sindacati, applicando soluzioni specifiche per il proprio contesto.

DATE E ORARI:
23 APRILE 2020 dalle 17:00 alle 17:45

Puoi seguire il webinar direttamente da casa o dall’ufficio, è sufficiente un pc ed una connessione internet.

A CHI È RIVOLTO:
Datori di lavoro, RSPP, ASPP responsabili aziendali di attività produttive e d’ufficio.

PROGRAMMA DEL WEBINAR:

  • Ripartire dal Protocollo di Sicurezza Anticontagio del 14 Marzo 2020
  • Cambiare l’organizzazione del lavoro
  • Ripensare agli spazi di lavoro
  • Garantire la continuità dall’attività formativa

COME ISCRIVERSI:
Per iscriversi seleziona il seguente link:
https://zoom.us/j/94542638711?pwd=TWMyU0M4MFljVkJWN1VZYi9qdTRLQT09

 

In conformità alle Nuove Indicazioni della Regione Veneto, sulla “possibilità di svolgimento di attività formative a distanza…”
Org Numeri offre la possibilità a datori di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori, consulenti o liberi professionisti di partecipare “da remoto” ai propri corsi di formazione, senza la necessità di spostarsi dall’ufficio o da casa!

COME POSSO USUFRUIRE DELLA FORMAZIONE A DISTANZA?
E’ sufficiente una connessione ad internet ed un pc dotato di webcam.

COME AVVIENE LO SVOLGIMENTO DELLA LEZIONE?
Grazie ad un sistema online di videoconferenza verrà garantito l’accesso ad un’ “Aula Virtuale“, che consentirà di partecipare in tempo reale ai corsi a calendario organizzati da Org Numeri, proprio come avverrebbe in un tradizionale corso frequentato in aula: durante il collegamento sarà infatti possibile interagire direttamente con il docente, ponendo direttamente il quesito attraverso il microfono del proprio pc o attraverso un’apposita chat.
Ma non solo!
La piattaforma utilizzata da Org Numeri renderà ancor più agevole la distribuzione del materiale didattico utilizzato durante la docenza, mostrando in tempo reale a tutti i partecipanti le slide utilizzate dal docente, con possibilità di condividere il desktop, lanciare una specifica applicazione software, mostrare una pagina web.

I CORSI HANNO LA STESSA VALENZA DI UN CORSO FREQUENTATO IN AULA?
CERTO!
I contenuti dei nostri corsi, i requisiti dei formatori, e le modalità di valutazione corrispondono ai criteri stabiliti dalla normativa di riferimento, D.LGS 81/2008 e Accordi Stato – Regioni.
Inoltre, al termine di ogni corso verrà effettuato un test di verifica dell’apprendimento, come richiesto dalla normativa e, se superato, verrà rilasciato un attestato analogo e con la medesima validità di quello rilasciato per i corsi svolti in aula.

QUALI CORSI POSSO FREQUENTARE?
Ecco alcuni esempi:

  • Gestione della sicurezza in periodo di emergenza COVID-19
  • Strumenti per la gestione aziendale in periodo di emergenza COVID-19
  • Sanificazione degli ambienti di lavoro
  • Formazione generale lavoratori
  • Formazione specifica lavoratori rischio basso, medio e alto
  • Aggiornamento formazione specifica
  • Formazione preposti
  • Aggiornamento formazione preposti
  • Formazione Rspp Datore di Lavoro rischio basso, medio e alto
  • Aggiornamento formazione Rspp Datore di lavoro

… e molto altro!

Cosa aspetti dunque? Contattaci per organizzare il tuo corso a distanza e per scoprire tutti i nostri servizi!
Scrivi a: servizigeneraliorgnumeri@orgnumeri.com o telefona al numero +39 0422 683199

 

In questi giorni tutte le aziende per poter rimane operative hanno l’obbligo di applicare il ” Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”  del 14/03/2020.

In questi giorni in cui ORG NUMERI ha attivato i protocolli anti-contagio presso i nostri clienti e dal confronto con gli enti di controllo e le aziende stesse abbiamo individuato 6 regole d’oro fondamentali da applicare per poter garantire un sistema di misure efficace al contrasto della diffusione del virus Covid-2019 negli ambienti di lavoro. Si precisa che non sono le uniche misure da applicare ma risultano esser quelle più significative ed impattanti nella lotta contro il Covid-2019.

Le regole d’oro sono:

1.DISTANZA TRA LE PERSONE DI ALMENO 1 METRO (PRINCIPIO DROPLET). Come tutti sappiamo questa è una delle regole base da rispettare per ridurre i contagi ovvero ridurre le relazione inter-personali e garantire una distanza di sicurezza. Questo prassi comportamentale deve esser affrontata attraverso:

  • l’impiego di cartellonistica di richiamo del principio del droplet esposta nei punti a rischio contatto (es. ingresso azienda, locali con possibile presenza di assembramenti, sale riunioni, magazzini e punti di consegna/ritiro ecc…);
  • consegna di opuscoli informativi ai lavoratori, visitatori e ditte esterne;
  • delimitazione visiva nei reparti e negli uffici della distanza minima attraverso strisce adesive.

Si ricorda che nel caso di mancato rispetto di tale regole base le strade sono: DPI specifici (ovvero mascherine protettive, guanti monouso ed indumenti protettivi) o schermi divisori (esempio – schermi in plexiglass da sanificare regolarmente). Si ricorda che la verifica del rispetto di tale principio è fondamentale per garantire le condizioni di sicurezza degli operatori specialmente negli ambienti produttivi dove l’impiego di soluzioni alternative como lo smart-working non risulta applicabile.

 

2.PRESENZA DI SOLUZIONI IDROALCOLICHE PER LAVAGGIO DELLE MANI. Siamo tutti consapevoli che uno dei comportamenti più efficaci per ridurre la diffusione del virus è lavarsi correttamente le mani con sapone. Ma questo in azienda, seppur vivamente consigliato dai numerosi cartelli che sono affissi nelle bacheche aziendali, non è sempre possibile. Per questo la presenza a lato della postazione di lavoro o nelle vicinanze di un punto gel è fondamentale per garantire la corretta profilassi igienica nel tempo. I consigli sono:

  • Identificare i punti con soluzioni gel idroalcoliche con idonea cartellonistica;
  • Affiggere le corrette istruzioni per l’applicazione del gel sulle mani;
  • Per ogni ambiente di lavoro (ufficio e reparto) garantire almeno n. 1 punto gel;
  • Garantire sempre un punto gel presso la zona di accesso dell’ufficio/stabilimento per il personale in ingresso.

Attenzione: il gel deve avere delle caratteristiche specifiche (SOLUZIONE IDROALCOLICA): la stessa OMS ci fornisce la ricetta e le caratteristiche che deve avere (Scarica qui la linea guida in inglese per la preparazione del liquido detergente).

 

3. PRESENZA DI PRODOTTI DISINFETTANTI A BASE DI CLORO O ALCOL PER LA PULIZIA DI SUPERFICI: altro aspetto è la PULIZIA GIORNALIERA e la SANIFICAZIONE PERIODICA. Deve esser garantito un approccio metodologico corretto alla pulizia e sanificazione definendo bene cosa pulire, quando pulirlo, come pulirlo e con che prodotto. I prodotti per avere caratteristiche disinfettanti devono avere all’interno o cloro (di solito ipoclorito di sodio al 0,1% minimo) o alcol (di solito etanolo al 70%). Per questo bisogna definire con il personale esterno o interno incaricato delle pulizie dei protocolli specifici che permettano di “aumentare” il livello di sanificazione di tutti gli ambienti di lavoro, senza dimenticarsi che anche gli addetti dovranno contribuire sanificando regolarmente le loro postazioni di lavoro (tablet, schermi, tastiere, telefoni, PC, stampanti ecc..) e attrezzature di lavoro (utensili manuali, carrelli elevatori, macchine con pulsantiere, veicoli aziendali ecc..) con gli opportuni DPI (attenzione sono sostanze chimiche che necessitano protezione!).

I punti chiave sono:

  • Garantire punti con disinfettanti a disposizione degli operatori con schede tecniche/sicurezza;
  • Implementare una istruzione per la corretta sanificazione e pulizia e circa l’uso corretto dei prodotti (con formazione specifica del personale);
  • Redigere un piano interno di pulizia e sanificazione (ambienti ed attrezzature di lavoro!);
  • Registrare la pulizia quotidiana e la sanificazione periodica (consigliato).

4. PRESENZA DI CARTELLONISTICA INFORMATIVA: senza esagerare ma l’uso del cartello e dell’avviso essendo principalmente una lotta che si gioca sui comportamenti individuali è fondamentale. I cartelli non vanno messi in forma indiscriminata ma privilegiando i punti strategici ovvero:

  • Cartello corretto igienizzazione mani presso i servizi igienici;
  • Cartello corretto uso gel con soluzioni idroalcoliche presso punti gel;
  • Cartello indicazioni da rispettare presso docce e spogliatoi;
  • Cartello indicazioni da rispettare presso locali adibiti a pause (area relax) /mensa / refettori;
  • Cartello indicazioni presso Ingresso/Uscita addetti;
  • Cartello divieto di accesso in aree non autorizzate (aree chiuse con divieto di accesso).

5. FORNIRE INFORMAZIONI SUI CORRETTI COMPORTAMENTI DA TENERE RELATIVAMENTE ALL’EMERGENZA COVID-2019: tutti i lavoratori devono esser informati sulle corrette prassi comportamentali e regole da rispettare. Per questo motivo devono esser diffusi il più possibile e visibili negli idonei punti (es. bacheche aziendali, aree di ingresso ed attesa) i comportamenti da tenere. Come esempio si riportano i principali:

6. CONSEGNARE MATERIALE INFORMATIVO RELATIVO ALL’EMERGENZA COVID-2019: non basta solo esporre le informative ma è necessario anche consegnarle ai lavoratori possibilmente spiegandone il contenuto. Si consiglia sempre di garantire:

  • Evidenza Opuscolo informativo completo consegnato ai lavoratori;
  • Evidenza avvenuta consegna tramite verbale specifico con firme;
  • Esposizione in bacheca delle buone prassi e procedura interna anti-contagio;

Come ORG NUMERI Srl consigliamo a tutte le aziende di dotarsi di una propria procedura interna anti-contagio condivisa con il Comitato di Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo, sottoscritta da Datore di Lavoro, Delegati Sicurezza, RLS/RSU, RSPP e Medico Competente e di compilare una check-list di verifica corretta applicazione a cadenza periodica.

La procedura interna anti-contagio ovviamente deve recepire quanto previsto nel protocollo di intesa del 14/03/2020 ma deve anche chiarire la gestione delle specifiche aree aziendali (ad esempio l’area di carico/scarico con presenza di autisti), la gestione dei DPI ed eventuali rifiuti, i piani interni di sanificazione, le regole interne specifiche e modalità di organizzazione interna aziendale, gestione corretta dei dati nel rispetto della privacy ecc…

In questi giorni difficili è necessario definire come non mai in forma chiara, precisa e soprattutto condivisa quali sono le regole da applicare per tutti e tracciare la linea rossa oltre la quale bisogna fermarsi: solo così saremo in grado di superare questa sfida e ripartire insieme!

Per qualsiasi informazione rimaniamo a Vostra completa disposizione.

Lo staff Org Numeri

–>LE 6 REGOLE D’ORO PER CONTENERE IL RISCHIO DA CONTAGIO COVID-2019 IN AZIENDA<–

 

 

Il termine HOP – acronimo di   Human and Organizacional Performance è una nuova filosofia basata sull’approccio del Professor Erik Hollnagel alla Safety II, così come sulla teoria della ricerca pre-infortunistica del Professor Todd Conklin, che descrive le forme di  interazione e le interdipendenze tra esseri umani e organizzazione  del lavoro. La HOP può esser definita  “un movimento globale” che incentiva l’uso delle scienze sociali per capire meglio come progettare sistemi resilienti.

A tutti i tecnici specializzati in salute e sicurezza  che si sentono più a loro agio con un approccio più “tecnico”, lasciatemi provare a inquadrare il concetto con un “linguaggio ingegneristico”: gli esseri umani falliscono (commettono errori e infrangono le regole) con una frequenza nota che è influenzata da fattori  noti. Se prendiamo questi dati come una evidenza, possiamo progettare sistemi migliori – comprese regole e metodi di comportamento più efficaci.

Questo approccio parte dal presupposto che noi esseri umani siamo inclini a commettere errori – che sono una conseguenza inevitabile della nostra condizione umana – e quindi aspettarci che una persona possa svolgere il proprio lavoro con una totale mancanza di errori, risulta totalmente irrealizzabile. L’errore esiste e dobbiamo imparare a conviverci. Ciò che la strategia HOP cerca è proprio di sapere come agiscono le persone, con i loro successi e i loro errori, per poter poi costruire sistemi, processi produttivi e organizzazioni tolleranti nei confronti dell’errore umano. Si tratta di analizzare l’intero sistema di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro dall’alto verso il basso, dalla definizione della politica ed obiettivi generali dell’azienda all’esecuzione dei compiti del lavoratore che opera sul campo, tutto questo partendo da un unico presupposto: siamo umani e quindi sbagliamo.

L’HOP adotta un approccio olistico che riconosce che sistemi nel loro complesso, una visione comune tra recenti ricerche sulla gestione, l’organizzazione e la sicurezza. I principali benefici di implementare una metodologia  HOP sono

1. Ridurre la mentalità di colpevolezza in seguito ad un evento infortunistico o incidente;
2. Riconoscere che gli infortuni e i danni sono il naturale riflesso di un malfunzionamento del sistema organizzativo.

“Sotto ogni semplice ed ovvia storia di errore umano, c’è una storia più profonda“Dekker (2012),; partendo da questo concetto la HOP mira a capire la meccanismi dietro il comportamento umano per costruire organizzazioni maggiormente  resilienti, che assimilano già nella loro struttura  la possibilità  che l’errore possa manifestarsi.

La filosofia alla base di HOP comprende questi principi fondamentali:

  • I lavoratori innescano condizioni già esistenti all’interno dei sistemi, processi, procedure e aspettative. Queste condizioni rimangono latenti fino a quando
    che tutti gli eventi sbagliati si allineano perfettamente per creare vuoti nelle barriere di prevenzione, mitigazione e protezione presenti.
  • Quando si spiega il fallimento (analisi dell’incidente/infortunio), non si dovrebbe cercare di analizzare solo l’errore del lavoratore, ma anche capire che visione e quali erano le motivazioni del suo agire al momento dell’ incidente.
  • La sicurezza non deve essere vista come assenza di eventi, ma come presenza di solide e coerenti difese contro l’errore umano.
  • Le situazioni con errori probabili sono prevedibili, gestibili e prevenibili.

In questo quadro, l’errore umano può essere considerato come un evento prevedibile generato da esseri umani che operano in ambienti difettosi. Quando sorgono problemi, i punti deboli del sistema devono essere gli obiettivi immediati dell’intervento correttivo. L'”errore umano” è considerato il punto di partenza per l’analisi degli incidenti per valutare i fattori del sistema che hanno contribuito all’episodio.
Quando i dipendenti subiscono un infortunio, la Direzione dovrebbe chiarire in primis il suo grado di responsabilità. Fondamentale è subito capire se  la persona sta bene o meno, se il sistema implementato è sicuro o meno e quali misure devono essere adottate per evitare il ripetersi di un evento simile in futuro.

  • Approccio reattivo (Safety I)
  • Chi è causa dell’infortunio?
  • Gli errori umani ed incidenti non vengono comunicati per paura di condanne e ripercussioni.
  • La dicitura “errore umano” è accettata come conclusione per un’analisi infortunio/incidente.
  • Approccio pro-attivo (Safety II) – HOP
  • Cos’è causa dell’infortunio?
  • Gli errori e gli incidenti si comunicano apertamente senza temere ripercussioni (senza colpe)
  • L’errore umano è solo il punto di partenza per un’analisi più approfondita.

Tabella : l’evoluzione delle credenze sugli errori umani.
Fonte: Sidney Dekker, The Field Guide to Human Error Investigations, Ashgate Pub Ltd , 2012.

I cinque concetti che sono alla base della filosofia dei fattori umani sono (Todd E. Conklin PhD, 2019):

  1.  Le persone commettono errori, anche i lavoratori più esperti e istruiti possono fallire.
  2.  Le situazioni in cui possono verificarsi errori probabili sono prevedibili e possono essere controllate.
  3. Tutte le azioni e i comportamenti umani sono influenzati dal contesto in cui sono prodotti (valori culturali e organizzativi).
  4. I problemi operativi e gli incidenti possono essere evitati attraverso l’interpretazione e l’analisi degli errori.
  5. Il modo in cui ci approcciamo agli errori conta: le persone raggiungono alti livelli di performance basati in gran parte sull’incoraggiamento e i rinforzi ricevuti da leader, colleghi e subordinati.

Le scelte che facciamo oggi su come poniamo le domande, come creiamo le regole, come reagiamo ai fallimenti (come trattiamo le persone) avranno un impatto diretto sulle nostre performance future. Come diceva E. Jacques (famoso psicoanalista, scienziato sociale canadese): “Non si può gestire ciò che non si capisce”. Pertanto le domande alla base di questa filosofia sono:

  • Cosa influenza le persone a infrangere le regole? (probabilmente non è quello che pensate)
  • Cosa c’è di sbagliato nel concetto di causa scatenante? (Come abbiamo frainteso la causalità?)
  • Perché non può esistere una procedura perfetta?
  • Perché una serie di azioni correttive funziona per alcune persone e non per altre?
  • L’autocompiacimento è una scelta?

La filosofia HOP cerca di confutare alcuni miti tipici sulla visione dell’errore umano, in particolare:

  • L’errore umano è una scelta.
  • La mancanza di infortuni/incidenti significa mancanza di problemi causati da errori umani.
  • L’addestramento può sicuramente risolvere i problemi dell’errore umano.
  • La responsabilità e la punizione/condanna possono risolvere i problemi relativi agli errori umani.
  • Il significato degli errori dovrebbe determinare il livello di disciplina.
  • L’esperienza elimina gli errori umani.
  • Gli errori umani sono la principale causa di incidenti.
  • Gli errori sono violazioni.
  • Gli errori  sono sempre un male.

Riassumendo, per molti anni l’approccio classico della sicurezza (denominato da molti Safety I – in contrapposizione al nuovo modello Safety II) ha cercato di spingere  i lavoratori “a preoccuparsi di più” e “a prestar maggior attenzione” a ciò che fanno in modo da evitare errori. Sembra tuttavia che  questa strada abbia un limite intrinseco definito proprio dalla stessa natura umana. In questo nuovo modo di pensare (o meglio come la chiamano in molti “nuova visione”) si cerca di superare questo ostacolo  trasformando il lavoratore nella soluzione, puntando sull’auto-consapevolezza, sul coinvolgimento e responsabilizzazione , rinnegando i classici modelli di “controllo e  punizione”.

L’impiego di tale approccio a livello di cultura aziendale aumenta la partecipazione dei lavoratori, aiutando le organizzazioni ad imparare dalle esperienze, aumentando la conoscenza dei rischi che risiedono all’interno del sistema di lavoro, aprendo nuove strade a livelli di controllo più efficaci e meno burocratici. Un approccio combinato e integrato  aiuta a sostenere l’idea di una progressiva collaborazione tra la direzione e i dipendenti che lavorano insieme per aumentare la propria sicurezza e salute nell’ambiente di lavoro… perché come precisato da Todd E. Conklin, uno dei maggiori esponenti mondiali della filosofia HOP,

la sicurezza non è assenza di eventi, ma bensì presenza di difese

 

Redatto da Ing. Federico Uliana – Direzione Tecnica Org Numeri Srl

Fonti bibliografiche:

Chi non conosce la famosa piramide di Heinrich-Bird?

Il famoso concetto, noto come “Legge di Heinrich-Bird”, parte dalla seguente affermazione: “in un luogo di lavoro, per ogni incidente mortale , ci sono 10 infortuni che causano lesioni gravi, 30 che causano lesioni minori e 600 incidenti che non causano lesioni (incidenti-mancanti)“. Statisticamente, il libro di Heinrich spiega che l’88 per cento degli incidenti sono causati da “atti non sicuri di persone” e presenta quello che viene spesso chiamato il triangolo o piramide di Heinrich, che riassume la legge sopra descritta. Questo principio è poi stato rivisitato nelle proporzioni da Frank Bird nel 1969 dando poi origine alla famosa “Piramide di Heinrich-Bird”.

Questa legge  stabilisce  che il numero di incidenti sia inversamente proporzionale alla gravità di quest’ultimi, ovvero che la riduzione al minimo del numero di incidenti minori (base della piramide) porterà a una riduzione degli incidenti gravi (punta della piramide). Questa convinzione deriva di fatto da un errore di interpretazione della famosa Piramide di Heinrich-Bird rispetto alla quale si presuppone una  continuità di cause che porta all’assioma: “se riduciamo la base della piramide a metà, dimezziamo di conseguenza anche i rischi rilevanti “. Questa analisi semplicistica legata ad una osservazione statistica stabilisce dunque che la politica pro attiva di riduzione degli incidenti minori garantisce in automatico il conseguimento di un elevato livello di sicurezza sul lavoro.

Tuttavia non è così. Questa interpretazione presuppone che gli incidenti minori e gli incidenti gravi abbiamo le stesse cause radice.

In realtà solo una piccola parte della base della piramide –  che chiamiamo ad alto potenziale di incidente (ovvero che può generare infortuni mortali o incidenti rilevanti che possono coinvolgere anche l’ambiente e la popolazione esterna) – mantiene rapporti di causalità con gli eventi più gravi. Alla base della piramide, infatti
ci sono due tipi distinti di eventi minori:

  • quelli che avrebbero potuto essere ripercussioni molto gravi  (es. un carico pesante che cade a solo pochi centimetri lontano da un operaio);
  • quelli, che si verificano molto spesso, ma che tuttavia non possono trasformarsi in un grave incidente (un operaio di alto livello si sbatte il suo ginocchio su una cassa che non era nel luogo corretto).

Il concetto è questo: se le aziende devono spendere le loro risorse e le loro energie a gestire tutti questi piccoli eventi, questo avrà uno scarso effetto sulla prevenzione degli  eventi più gravi.  Questo concetto è graficamente descritto nell’immagine in calce – definita come il “Diamante della Prevenzione” (immagine tratta dalla linea guida “ The essentials, Preventing the risks leading to the most serious accidents, ICSI, Ottobre 2019).

 

 

L’analisi di diversi incidenti industriali gravi verificatisi in impianti con un basso tasso di incidenti ha rivelato che concentrare l’attenzione solo sull’abbassamento del tasso di incidenti può portare un’organizzazione a trascurare la gestione dei rischi più rilevanti. Molte organizzazioni hanno visto un netto calo del tasso di incidenti (nel caso specifico indice di Frequenza) senza tuttavia avere nessun calo nel numero di incidenti mortali (esempio più famoso, l’incidente della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, la quale avrebbe dovuto festeggiare il suo ottavo anno senza incidenti sul lavoro il giorno dopo la tragedia che generò 11 vittime ed un disastro ambientale di proporzioni epiche).

In pratica, se il tasso di incidenti è basso, concentrarsi ossessivamente sulla sua riduzione può distogliere l’attenzione dell’organizzazione dai rischi più gravi. Se il tasso di incidenti è elevato, l’organizzazione deve gestire la prevenzione di rischi professionali quotidiani e quelli di infortuni rari e gravi contemporaneamente e in modo coordinato. È importante notare che le azioni preventive non sono del tutto identiche per le diverse categorie di rischio (minori incidenti, incidenti gravi o rilevanti): le carenze organizzative svolgono generalmente un ruolo molto più importante nei casi di incidenti gravi rispetto a quelli minori che sono spesso legati ad una componente di natura individuale. Infatti, il verificarsi di un evento grave di solito implica il fallimento sistemico di un gran numero di barriere e pertanto rappresenta una serie di errori di natura tecnico-organizzativa significativi.  Questa semplici info-grafica descrive il processo corretto da attuare (immagine tratta dalla linea guida “ The essentials, Preventing the risks leading to the most serious accidents, ICSI, Ottobre 2019).:

Un approccio alla cultura della sicurezza deve mirare in via prioritaria ai rischi più gravi, cioè a quelli che mettono a rischio la sopravvivenza dell’organizzazione.
La consapevolezza condivisa dei rischi più significativi è la pietra angolare della cultura della sicurezza di un’azienda. I rischi più significativi possono variare a seconda dell’attività produttiva, del processo , dello stabilimento , della popolazione lavorativa; tuttavia devono essere conosciuti e condivisi da tutti i membri dell’organizzazione. E’ fondamentale infatti approfondire tutti i rischi più significativi dai quali possono generarsi potenziali scenari di rischio grave che minacciano i dipendenti, le ditte in appalto , i clienti, i residenti locali, l’ambiente, le strutture e la continuità stessa dell’azienda. Per garantire questo approccio bisogna focalizzarsi sui rischi maggiori andando a cercare gli “eventi minori ad alto potenziale di rischio” che possono esser il campanello di allarme che se non gestito correttamente può portare all’incidente grave. Il tutto è ben riassunto nel video in calce prodotto dall’ICSI – Institut pour une culture de sécurité industrielle.

 

Redatto da: Federico Uliana – Direzione Tecnica Org Numeri Srl

 

Riferimenti bibliografici:

Reviewing Heinrich Dislodging Two Myths From the Practice of Safety By Fred A. Manuele, 2011

Revisando el mito de la pirámide de Heinrich By Maria Pilar Tomás Campesino28 febrero, 2019Aspy Prevención, Empresas, Prevención

The essentials Preventing the risks leading to the most serious accidents, ICSI, Ottobre 2019)

Allerta alimentare

Quando c’è il sospetto che alcuni alimenti in commercio siano pericolosi per la salute dei consumatori le aziende del settore alimentare e le autorità sanitarie attivano il sistema delle allerte alimentari.

Vengono effettuate delle analisi di laboratorio per determinare la presenza e la quantità di sostanze e microrganismi che sono nocivi per la salute negli alimenti. In caso di positività, le aziende produttrici possono intervenire con ritiri e richiami dei prodotti rischiosi. Le autorità sanitarie possono inoltre segnalare l’allerta al RASFF, il Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi dell’Unione Europa.

Ma cosa può far scattare un’allerta alimentare? Che differenza c’è tra ritiro e richiamo? E come intervengono le autorità sanitarie? Le risposte a queste domande in questo video della serie «100 secondi» prodotta dal Laboratorio comunicazione della scienza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

Cosa si intende  per “Clima di Sicurezza” e “Cultura della Sicurezza”?

In primis, è necessario per affrontare correttamente questa tematica differenziare i termini di cultura e clima della sicurezza , in quanto sono elementi con caratteristiche simili,  ma con una serie di sfumature che li differenziano in modo netto e distinto.

Il clima preventivo si riferisce ad un elemento situazionale e contestualizzato in un momento concreto, che presenta meno profondità concettuale del concetto di cultura preventiva e risulta più connesso all’aspetto prestazionale.  Il clima è un indicatore della Cultura Preventiva ed è uno dei più importanti elementi da misurare per avere una vera un giudizio di valore effettivo. Tra le molteplici definizioni di Clima di Sicurezza, quella più completa è probabilmente quella di Zohar (2010) che lo definisce come un “sistema di credenze, condivise dai lavoratori, circa la sicurezza della propria organizzazione. Dette credenze sono influenzate dalla percezione dell’atteggiamento adottato dal management in merito alla sicurezza e all’importanza della stessa rispetto ai processi produttivi e delle percezioni aziendali condivise dai lavoratori riguardo a politiche, procedure e pratiche attivate nel luogo di lavoro in relazione alla sicurezza”.

Al contrario, il costrutto della Cultura della Sicurezza presenta una struttura multidimensionale in continua interazione, in cui possono essere inclusi numerosi elementi  con una reciproca capacità di influenza. Tra tutte le definizione presenti nella letteratura scientifica emerge secondo lo scrivente quella dell’ ACSNI (Study Group Advisory Comite of Safety Nuclear Installations): “La cultura della sicurezza di un’organizzazione è il prodotto dei valori, delle attitudini, delle competenze e delle capacità di di gruppo e individuali, che determinano l’impegno e lo stile,  la competenza dei programmi in materia di salute e sicurezza. Le organizzazioni con una cultura positiva sono caratterizzate da una comunicazione basata sulla fiducia reciproca dell’efficacia delle misure preventive e  su una percezione condivisa dei programmi in materia di salute e sicurezza”.

Come misurare il “Clima della Sicurezza”: il questionario nordico NOSACQ-50

Il clima di sicurezza è una delle manifestazioni più evidenti della Cultura Preventiva ed è pertanto necessario utilizzare uno strumento di riferimento in grado di quantificare e sondare il livello delle prestazioni dell’organizzazione in tale ambito.

Su tale aspetto ci viene in aiuto il,  Nordic Safety Climate Questionnaire (in seguito denominato NOSACQ-50), questionario sviluppato da un team di ricercatori nordici sulla sicurezza sul lavoro basato sulla teoria del clima organizzativo e della sicurezza, sulla teoria psicologica, su ricerche empiriche effettuate sul campo e tratti da studi internazionali e su un processo di miglioramento continuo. Tramite il  “Questionario nordico sul clima di sicurezza NOSACQ-50 dell’Istituto Norwegian Occupational Health (Kines, 2011) , costituito da 50 domande, è possibile analizzare le  7 dimensioni tipiche della cultura della sicurezza,ovvero:

  1. Gestione delle priorità in materia di sicurezza, impegno e competenza.
  2. Gestione dell’empowerment  (responsabilizzazione) del personale in materia di sicurezza.
  3. Gestione del clima di giustizia per quanto riguarda l’attuazione di norme di sicurezza.
  4. L’impegno ed il compromesso dei lavoratori con la sicurezza.
  5. Le priorità dei lavoratori per quanto riguarda la  sicurezza e la non accettazione della condotta di rischio.
  6. Comunicazione di sicurezza, apprendimento e fiducia nelle competenze dei colleghi.
  7. Fiducia nell’efficacia dei sistemi di gestione della sicurezza.

Le possibilità offerte dagli strumenti di valutazione rappresentano potenziali punti di convergenza e di miglioramento, in quanto riflettono l’opinione, l’atteggiamento e la percezione dei membri dell’organizzazione in momenti specifici.
Questa check-list, se opportunamente implementata, può consentire di stabilire attraverso dei criteri  specifici ed oggettivi  la corretta strategia di gestione di un particolare progetto, di implementare in modo corretto i cambiamenti finalizzati a migliorare la sicurezza a la sua percezione nel lavoro quotidiano.
Utilizzando NOSACQ-50 è possibile produrre “una mappa” della percezione del contesto lavorativo nell’ottica della sicurezza con l’ottica di conoscere le dinamiche che governano gli atteggiamenti e le percezioni dei lavoratori.
Lo strumento permette anche di raggruppare i risultati per categorie , in modo che sia si può facilmente mettere a confronto il contrasto tra la percezione della sicurezza da parte, ad esempio, dei quadri intermedi rispetto ai dirigenti o agli operatori stessi. Qualsiasi discrepanza o disallineamento potrebbe ad esempio essere indicativo di potenziali contesti problematici e conflittuali all’interno dell’azienda legati ad un disequilibrio comunicativo ed organizzativo.

 

Esempio dell’analisi grafica del questionario NOSACQ-50

Considerando che l’ambiente di lavoro è il risultato della Cultura Preventiva che esprime l’organizzazione, si può stabilire una relazione tra il questionario NOSACQ-50 ed i tre modelli classici di classificazione dell’evoluzione della Cultura Preventiva:

ottenendo così un’analogia del “livello di cultura della sicurezza” rispetto ai risultati ottenuti (vedi tabella in calce).

Tabella comparativa tra i modelli di cultura della sicurezza ed il questionario NOSACQ-50

 

Redatto Federico Uliana (Direzione tecnica Org Numeri Srl)

 

Fonte: Nordic Safety Climate Questionnaire (NOSACQ-50): A new tool for diagnosing occupational safety climate

 

 

Edward Deming (1900-1993), è stato un guru dei metodi di gestione della Qualità sviluppati dopo la seconda guerra mondiale che ha lasciato una magnifica scia di concetti e implementazioni tra cui spiccano il TQM (Total Quality Management) e forse il più popolare di tutti, il famoso “ciclo PDCA” (sviluppato insieme a Shewhart).  Deming aveva anche un forte interesse per il coinvolgimento delle organizzazioni per migliorare la gestione della sicurezza degli operatori. Quest’ultimo aveva stabilito 14 punti sulla sicurezza sul lavoro (in “Out of the Crisis”, MIT Press, 1982) che ritenuti da parte di molti professionisti, un pilastro fondamentale per la successiva comparsa degli attuali concetti  “Safety II“.

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William Edwards Deming e il suo lavoro “Out of the Crisis”.

In questo articolo vediamo cosa propone (utilizzando le sue stesse parole riportate in corsivo) il guru internazionale della Qualità e della Gestione Organizzativa in tema di Sicurezza sul Lavoro. Alcune principi premetto potranno sembrare sempre “troppo diretti” e forse obsoleti (ricordiamoci che il libro è del 1982) ma hanno comunque segnato un valido riferimento nel processo di sviluppo dei concetti contemporanei di cultura preventiva (anticipando anche alcuni aspetti particolarmente attuali):

1.”La sicurezza non è la priorità numero uno del manager”.

E non dovrebbe esserlo, semmai, d’altra parte, è lo sviluppo e la sopravvivenza dell’azienda. Chiunque sostenga il contrario è irresponsabile o illuso. Detto questo, è ovvio che se la sicurezza dell’azienda non è gestita correttamente, l’impresa non durerà a lungo. Ma la sicurezza non dovrebbe essere una priorità o un obiettivo, ma un criterio in base al quale misurare l’efficacia degli sforzi delle imprese per avere successo. La sicurezza è un elemento strategico dell’organizzazione, che deve essere gestito con la stessa scrupolosità della qualità, dei tempi di consegna o della motivazione“. Questa affermazione potrebbe esser “fraintesa” in quanto la sicurezza come tutti sosteniamo deve essere une dei valori chiave su cui si basa l’organizzazione: Deming ribadisce tuttavia che non può esser l’unico elemento decisionale in materia di business (ricordiamoci che la componente del rischio è intrinseca all’attività produttiva e l’obiettivo è quella di governarla e renderla accettabile).

2.- Gli errori sono inevitabili, ma gli infortuni non lo sono.

“Le persone commettono errori, fa parte della nostra essenza umana. Dobbiamo smettere di imporre alle persone di non commettere errori e concentrarci sulla prevenzione delle lesioni che possono verificarsi quando le persone sbagliano. Nonostante tutti gli sforzi potrebbe esser non possibile infatti evitare tutte possibili lesioni. Questa affermazione non significa che sia un obiettivo impossibile: consiglio di utilizzare l’FMEA (Failure Mode and Effects Analysis) e altri strumenti di previsione per identificare le aree di maggior rischio e ridurre il più possibile il rischio residuo. Il vero vantaggio a questo punto è la convinzione di avere degli obiettivi credibili e fattibili in tema di prevenzione”.

3.- Focus sulla prevenzione.

“Prevenire gli infortuni è più efficace che reagire ad essi (approccio pro attivo e non reattivo). Se investiamo nella prevenzione degli infortuni, risparmieremo più soldi nel conto generale dell’azienda: perché la sicurezza è  redditizia nella visione globale e a lungo termine dell’azienda”.

4.- Andare oltre la semplice conformità.

“Il rispetto della legislazione e di altre normative settoriali è importante e tende a correlarsi con la definizione di  processo “sotto controllo”. Ma non è la stessa cosa che rispettare la sicurezza. Non possiamo congratularci con noi stessi per il mero rispetto di leggi e regolamenti (compliance), perché si tratta solo di un obbligo giuridico o procedurale. Ci sono molte altre cose oltre a questo”.

5.- Instillate nei vostri collaboratori un senso di proprietà dei processi e responsabilità per la sicurezza.

“Ogni livello gerarchico ha un ruolo differente nel garantire la sicurezza sul posto di lavoro. Tutti i livelli aziendali devono rispondere quando i processi e i protocolli non riescono a garantire la sicurezza dei lavoratori. Incentivate  i lavoratori ad esser responsabili dell’eliminazione dei rischi piuttosto che della prevenzione degli infortuni”.

6.- Portare la gestione (e la proprietà) della Sicurezza al livello operativo (Produzione).

“Vale a dire, evitare l’errore di lasciare esclusivamente la responsabilità della Sicurezza ai tecnici della Prevenzione dei rischi professionali. Il responsabile di ogni struttura o dipartimento dovrebbe sentirsi responsabile della gestione della sicurezza in ogni posto di lavoro attraverso i propri Intermediate Manager o Preposti. È per questo che i Production Manager devono eseguire revisioni di routine delle principali metriche di sicurezza e avere un ruolo della chiave nella parte di gestione e controllo del rischio. La sicurezza come funzione dovrebbe essere istruttiva e dovrebbe aiutare la produzione ad essere più efficiente”.

7.- L’assenza di lesioni non implica necessariamente l’esistenza della sicurezza.

“La sicurezza è un’espressione di probabilità. Nessuna situazione è completamente priva di rischi. Ecco perché la sicurezza deve essere gestita in termini di rischio“. Pertanto avere “infortuni zero” non significa che non vi siano degli errori latenti che possono generare un evento dannoso nel breve termine (la misura della sicurezza non può fare riferimento solo ad eventi negativi ma anche rispetto ad eventi positivi secondo l’approccio della Safety II, Hollnage, 2014).

8.- Evitare politiche e procedure punitive.

“I lavoratori non vogliono avere infortuni e i processi produttivi non devono causare loro lesioni. Questo regola non cambierà, non importa quanti programmi di modifica del comportamento siano implementati“. L’approccio culturale deve esser no punitivo ma incentrato sulla cultura della comprensione delle cause radice – Just Culture (“dietro ogni errore individuale umano vi è sempre un errore organizzativo” S. Dekker 2012).

9.- Investire nella formazione delle competenze di base.

“Il modo migliore per garantire la sicurezza dei lavoratori è quello di fornire loro una buona formazione di base sui compiti che dovrebbero svolgere regolarmente” Le persone esperte nei loro compiti sono molto meno esposte al rischio di infortunio” (anche se l’eccesso di sicurezza e confidenza può generare comportamenti temerari).

10.- Dimenticare gli incentivi legati all’assenza di infortuni.

“C’è un’intera “industria artigianale” dedicata alla tariffazione per il raggiungimento di determinati premi di sicurezza. Scordatelo: gli incentivi dovrebbero essere utilizzati solo per premiare la partecipazione alle attività di sicurezza, non per premiare l’assenza di infortuni segnalati. Inoltre, molti lavoratori possono trovare questi incentivi alla sicurezza condiscendenti e in qualche modo offensivi”. Questo approccio riduce la segnalazione dei quasi incidenti e “nasconde” episodi a potenziale rischio.

11.- Smettete di confrontare le vostre prestazioni di sicurezza con la media del vostro settore.

“La misurazione degli indicatori di sicurezza di un’organizzazione in relazione alla media generale del suo settore non ha senso e dovrebbe essere abbandonata. E’ necessario invece utilizzare una combinazione di indicatori (reattivi e proattivi) per ottenere una visione più significativa delle prestazioni complessive in materia di sicurezza“. Non basta confrontare i valori del comparto per avere un riferimento in quanto vi sono molte altre variabili che influenzano la lettura dei dati (area geografica, dimensione azienda, tipologie di processo, suddivisione popolazione lavorativa ecc..).

12.- Promuovere un migliore processo decisionale.

“La gente corre dei rischi e non è necessariamente una brutta cosa. Le nostre politiche e procedure non possono mai coprire tutte le contingenze. Dobbiamo quindi investire nella formazione per aiutare i nostri lavoratori a evitare di prendere decisioni sbagliate“. Questo è un concetto chiave ripreso dalla Safety II: “Gli esseri umani non sono la colpa, sono la soluzione che permette al sistema di esser flessibile e resiliente”.

13. Smettere di incolpare gli operatori per le inadeguatezze del sistema.

“Ogni volta che suggerisco un cambiamento sostanziale nel modo in cui la sicurezza dovrebbe funzionare, ci viene sempre detto che i responsabili di produzione non sosterranno la queste idee. La sicurezza deve essere una risorsa chiave per la produzione. Dal canto loro, i tecnici della sicurezza non devono ostacolare le operazioni (produzione o manutenzione) e i loro progressi. Al contrario, dovrebbero consigliare al reparto produzione di trovare modi sicuri per raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione, invece di lavorare “contro” di essa. La sicurezza dovrebbe sempre smettere di avere il “no” in bocca e la produzione dovrebbe collaborare con i tecnici della sicurezza per ridurre il rischio al minimo livello residuo accettabile“.

14.- Smettere di cercare di manipolare il comportamento dei lavoratori.

“La sicurezza non riguarda la gestione del comportamento delle persone, ma piuttosto la gestione del rischio. La psicologia comportamentale è utilizzata in modo eccessivo e spesso in modo improprio in interventi di consulenza esterna. La sicurezza basata sul comportamento attira i responsabili di produzione che cercano soluzioni magiche ai loro problemi. In realtà, in molti casi è pura chiacchiera. E’ ora di smettere di trattare la sicurezza come se fosse un segreto mistico. Smettiamola di nasconderci dietro i luoghi comuni e mettiamoci al lavoro. Se i tecnici della sicurezza non possono sostenere l’azienda, allora è il momento di farne a meno. Dovremmo congratularci con noi stessi per avere professionisti della sicurezza che capiscono il business principale delle organizzazioni in cui lavorano…”.  Su questo punto Deming è piuttosto diretto… dal suo punto di vista di “uomo della produzione” si basa strettamente sui risultati e il tecnico della sicurezza deve esser un “risolutore di problemi” e  non un freddo burocrate che irrigidisce l’organizzazione.

Redatto da: Federico Uliana 

 

 

Nel corso della loro vita commerciale gli alimenti possono entrare in contatto con tantissimi materiali diversi, noti con l’acronimo di MOCA (Materiale e Oggetti a Contatto con gli Alimenti).

Il contatto può costituire un rischio per il consumatore poiché un eventuale trasferimento di sostanze dal materiale all’alimento può modificare la composizione chimica di quest’ultimo.

Il produttore è quindi obbligato per legge a garantire l’idoneità all’uso dei materiali, e ad informare sul loro corretto utilizzo il consumatore.

Scopri di più sui MOCA in questo video della serie «100 secondi» realizzata dal Laboratorio comunicazione della scienza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

FONTE: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe)

Nelle ultime settimane abbiamo ricevuto dai nostri clienti numerose richieste di chiarimenti in merito ad una comunicazione trasmessa dal CONAI, tramite posta elettronica certificata, avente per oggetto “Richiesta di informazioni ex art. 11, comma 1, del Regolamento CONAI”.

In merito riteniamo utile fornire le informazioni seguenti:

Il CONAI ha programmato una serie di attività volte ad appurare il corretto adempimento degli obblighi consortili, a tale scopo è stato inviato un questionario da compilare con le informazioni (tempo di compilazione 5-10 minuti):

  • relative ai fornitori nazionali [QUESTIONARIO – PARTE 1] (SOLO SE) diversi da quelli già eventualmente indicati in precedenti elenchi/moduli inviati al Conai (ad esempio: 6.5, 6.6, 6.23, 6.12, 6.13, 6.4, ecc.) o comunque già comunicati al Conai stesso, presso i quali la Vs. azienda nel I semestre 2019 ha effettuato acquisti di imballaggi (in qualsiasi materiale), superiori ad una soglia minima di 5 tonnellate e rientranti nella sfera di applicazione del CAC;
  • relative ad acquisti dall’estero -UE e extra UE- [QUESTIONARIO – PARTE 2] desumibili dai quadri VE e VF del Modello IVA 2019 (periodo d’imposta 2018).

Durante la compilazione, è consigliato avere a disposizione:

  • Il quantitativo di imballaggi acquistati e i fornitori, se il volume di imballaggi acquistati è superiore a 5 tonnellate;
  • I quadri VE e VF del modello IVA 2019;
  • La quota in % (stimata) di eventuali beni non imballati (ad es merce sfusa) rispetto agli acquisti dall’estero. Se il dato non è disponibile, è sufficiente indicare 0 (zero) come valore e flaggare la risposta “dato non disponibile”.

Nel caso in cui il volume di imballaggi acquistati sia inferiore a 5 tonnellate, il questionario si semplifica ulteriormente, ed è sufficiente rispondere a 6 semplici domande.

L’obiettivo di tale questionario è:

  • Acquisire informazioni relative a casistiche di particolare complessità operativa e/o ad errori diffusi nell’applicazione delle norme consortili, in modo che il Consorzio possa poi provvedere a capillari campagne di informazione, in funzione di conseguenti modifiche normative apportate o per chiarire meglio quelle esistenti, incentivando anche la regolarizzazione con una serie di misure agevolate anche sul periodo da regolarizzare (5 anni anziché 10, a condizioni particolari);
  • Intercettare e perseguire casi di indebita appropriazione del contributo ambientale Conai (di seguito CAC) da parte di aziende che lo incassano dai clienti con esplicito addebito in fattura ma poi non lo riversano al Conai;
  • Rilevare e perseguire omissioni del CAC in fattura, che generano inevitabilmente, come nel precedente caso, una sleale concorrenza tra aziende operanti nel medesimo settore/mercato a danno delle aziende regolari.

I nostri uffici sono a disposizione per ulteriori chiarimenti.

Dott.ssa Federica Dotto – ORG NUMERI Srl