Articoli

In questo periodo di emergenza sono stati approvati a livello nazionale, regionale e provinciale provvedimenti che prorogano o sospendono vari adempimenti e scadenze ambientali ed i procedimenti amministrativi che riguardano il rilascio dei titoli autorizzativi.

La Divisione Ambiente di ORG Numeri presenterà in un Webinar gratuito, della durata di 45 minuti, un approfondimento su tali tematiche.

Tale Webinar si terrà Giovedì 16 Aprile 2020 dalle ore 17.00 alle ore 17.45

PROGRAMMA DEL WEBINAR:

  • Decreto “Cura Italia”: adempimenti e scadenze prorogate a livello nazionale;
  • Circolare della Regione Veneto “Primi indirizzi operativi a seguito dell’emergenza COVID-19”;
  • Impianti assoggettati ad AIA e AUA: quali adempimenti sono sospesi?;
  • Condizioni per richiedere la proroga;
  • Modalità e tempistiche.

COME ISCRIVERSI:

Per iscrizioni o eventuali informazioni scrivi a formazione@orgnumeri.com

Per qualsiasi informazione rimaniamo a Vostra completa disposizione.

Lo staff Org Numeri

 

In un momento di difficoltà come quello provocato dall’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, molte aziende del settore della ristorazione si sono ritrovate a riorganizzare la loro attività al fine di poter almeno consegnare a “serrande chiuse” il cibo direttamente al domicilio dei cittadini.

Tale pratica, denominata Food Delivery, per poter essere svolta deve però rispettare determinate norme igienico-sanitarie.

Innanzitutto l’esercizio dovrà essere chiuso al pubblico. I clienti potranno ordinare esclusivamente via telefonica, mail, sito web, piattaforme digitali, o altri strumenti simili.

All’interno del locale dovrà essere rispettata, nello svolgimento delle attività, la distanza di 1 metro tra i vari dipendenti, i quali avranno a disposizione opportuni dpi (guanti e mascherine, oltre ai normali dispositivi previsti dal piano di autocontrollo HACCP) e soluzioni igienizzanti. Ai lavoratori dovranno essere fornite anche apposite istruzioni in merito al loro utilizzo.

Gli alimenti, una volta preparati, dovranno essere posti in apposite confezioni da richiudere con adesivi, sigilli, o altro, per assicurarne la massima protezione e ridurre il rischio di aperture accidentali.

Le confezioni saranno poi riposte in appositi contenitori adatti agli alimenti, come ad esempio contenitori isotermici, i quali dovranno garantire durante il trasporto il rispetto, ove previsto, della catena caldo/freddo e dovranno essere sanificati ad ogni utilizzo.

In questa fase è fondamentale evitare il più possibile il contatto diretto tra chi opera in cucina ed il personale addetto alle consegne.

E’ necessario quindi individuare un’apposita area all’interno del locale da adibire al ritiro del cibo preparato. Tale area dovrà essere inoltre oggetto di procedure di sanificazione specifiche, che vadano oltre la frequenza ordinaria prevista dai piani di autocontrollo.

Per quanto riguarda invece la consegna questa dovrà avvenire attraverso un mezzo dedicato, opportunamente e regolarmente sanificato. Il personale addetto dovrà avere con se prodotti sanificanti per le mani, guanti e mascherine, e, al momento della consegna, dovrà evitare il contatto diretto con il cliente, rispettando la distanza di sicurezza di almeno un metro.

Proprio per questo motivo il consiglio è di avvisare il cliente in anticipo in merito all’importo totale dovuto, in modo tale da non dover dare alcun resto al momento della consegna.

Si ricorda infine che l’attività di Food Delivery dovrà essere regolamentata anche all’interno del proprio Piano di Autocontrollo (cosiddetto Manuale Haccp), il quale dovrà prevedere l’analisi delle fasi di confezionamento e di trasporto e le relative misure di prevenzione da attuare al fine di minimizzare i rischi e prevenire eventuali non conformità.

Per qualsiasi informazione rimaniamo a Vostra completa disposizione.

Lo staff Org Numeri

Alimentazione sicura

Segnaliamo che a Dicembre 2019 è stata diffusa la revisione 2018 delle Linee Guida per una sana alimentazione.

Le linee guida, elaborate da un’apposita commissione scientifica, hanno come obiettivo prioritario la prevenzione dell’eccesso alimentare e dell’obesità che, in Italia, soprattutto nei bambini, sta mostrando dati preoccupanti.

Massima attenzione viene inoltre rivolta alla prevenzione dalle malattie cronico-degenerative, promozione di salute e longevità, sostenibilità sociale ed ambientale, migliore qualità della vita.

Vi invitiamo pertanto ad un’attenta lettura del documento riportato nel link sottostante.

Fonte: Crea

 

 

 

 

Pesce Fresco

Come riconoscere se il pesce che stiamo acquistando è davvero fresco e può essere consumato in sicurezza?

Se il pesce è intero si devono considerare vari aspetti, mentre valutare la freschezza di un trancio di pesce può essere più complicato.

Di seguito il video con tutti i consigli dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie:

Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

Allerta alimentare

Quando c’è il sospetto che alcuni alimenti in commercio siano pericolosi per la salute dei consumatori le aziende del settore alimentare e le autorità sanitarie attivano il sistema delle allerte alimentari.

Vengono effettuate delle analisi di laboratorio per determinare la presenza e la quantità di sostanze e microrganismi che sono nocivi per la salute negli alimenti. In caso di positività, le aziende produttrici possono intervenire con ritiri e richiami dei prodotti rischiosi. Le autorità sanitarie possono inoltre segnalare l’allerta al RASFF, il Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi dell’Unione Europa.

Ma cosa può far scattare un’allerta alimentare? Che differenza c’è tra ritiro e richiamo? E come intervengono le autorità sanitarie? Le risposte a queste domande in questo video della serie «100 secondi» prodotta dal Laboratorio comunicazione della scienza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

L’alluminio trova largo impiego nel settore alimentare per la realizzazione di imballaggi e recipienti destinati a venire in contatto con gli alimenti, come pentole, film per avvolgere, vaschette monouso, caffettiere, ecc. .

La contaminazione del cibo per fenomeni di migrazione da utensili o imballaggi è una delle fonti di esposizione alimentare, ma è anche quella direttamente prevenibile attraverso semplici accorgimenti, considerato che il rilascio di alluminio dai materiali a contatto è condizionato dalle modalità di uso e da altri fattori combinati, quali il tempo di conservazione, la temperatura e la composizione dell’alimento.

Nei soggetti sani il rischio tossicologico dell’alluminio è limitato per via dello scarso assorbimento e della rapida escrezione.

I gruppi di popolazione più vulnerabili alla tossicità orale dell’alluminio sono quelli con diminuita capacità escretoria renale: anziani, bambini sotto i 3 anni, soggetti con malattie renali e donne in gravidanza.

In Italia con il decreto ministeriale 18 Aprile 2007, n. 76 (Regolamento recante la disciplina igienica dei materiali e degli oggetti di alluminio e di leghe di alluminio destinati a venire a contatto con gli alimenti) sono state previste  specifiche  disposizioni, in particolare  i contenitori in  alluminio devono riportare in etichetta una o più delle seguenti istruzioni:

  1. non idoneo al contatto con alimenti fortemente acidi o fortemente salati
  2. destinato al contatto con alimenti a temperature refrigerate
  3. destinato al contatto con alimenti a temperature non refrigerate per tempi non superiori alle 24 ore
  4. destinato al contatto per tempi superiori alle 24 ore a temperatura ambiente solo per i seguenti alimenti:
  • Prodotti di cacao e cioccolato
  • Caffè
  • Spezie ed erbe infusionali
  • Zucchero
  • Cereali e prodotti derivati
  • Paste alimentari non fresche
  • Prodotti della panetteria
  • Legumi secchi e prodotti derivati
  • Frutta secca
  • Funghi secchi
  • Ortaggi essiccati
  • Prodotti della confetteria
  • Prodotti da forno fini a condizione che la farcitura non sia a diretto contatto con l’alluminio.

Quanto sopra non si applica ai materiali e agli oggetti di alluminio ricoperto purchè lo strato a diretto contatto con gli alimenti costituisca un effetto barriera.

Obiettivo di comunicazione

L’obiettivo è quello di informare i consumatori, ovvero la popolazione generale e gli operatori del settore alimentare circa il corretto uso dei materiali contenenti alluminio che vengono a contatto con gli alimenti. E’ necessario far comprendere alla popolazione che l’alluminio non è un materiale che comporta danni alla salute, ma è il suo utilizzo non corretto che può provocare rischi.

Target

  • Popolazione generale
  • Operatori del settore alimentare

Le fasce più vulnerabili della popolazione sono rappresentate dai bambini sotto i 3 anni, dagli anziani sopra i 65 anni, dalle donne in gravidanza, dalle persone con funzionalità renale compromessa.

Strumenti e mezzi

La campagna è stata realizzata attraverso la creazione di un’infografica animata di semplice lettura e quindi facilmente fruibile da tutta la popolazione.La campagna sarà pubblicata sul sito del Ministero e veicolata sui canali social istituzionali: Facebook, Twitter, Instagram e Youtube.

Inoltre, i principali siti web del settore alimentare, come Giallo zafferano, Cookaround, Sale&Pepe, DM Cucina e Tgcom cucina, veicoleranno la campagna per due settimane.

Altre iniziative del Ministero

Sono stati attivati controlli sia sul territorio, tramite i NAS, che all’importazione per la verifica dei requisiti di composizione ed etichettatura dei materiali contenenti alluminio definiti dalla normativa vigente.

Guarda la videografica:

Fonte: Ministero della Salute

Nel corso della loro vita commerciale gli alimenti possono entrare in contatto con tantissimi materiali diversi, noti con l’acronimo di MOCA (Materiale e Oggetti a Contatto con gli Alimenti).

Il contatto può costituire un rischio per il consumatore poiché un eventuale trasferimento di sostanze dal materiale all’alimento può modificare la composizione chimica di quest’ultimo.

Il produttore è quindi obbligato per legge a garantire l’idoneità all’uso dei materiali, e ad informare sul loro corretto utilizzo il consumatore.

Scopri di più sui MOCA in questo video della serie «100 secondi» realizzata dal Laboratorio comunicazione della scienza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

FONTE: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe)

Uno dei rischi più sottovaluti nella preparazione degli alimenti è quello legato al trasferimento, non intenzionale, di microrganismi o sostanze chimiche da un alimento ad un altro.

Si parla in questo caso di contaminazione crociata.

Tale tipo di contaminazione può verificarsi normalmente anche nelle cucine domestiche e può costituire un serio pericolo nel momento in cui a essere trasferiti sono microrganismi patogeni che,  in certe condizioni, possono causare tossinfezioni, oppure sostanze che possono causare allergie, intolleranze  o tossicosi.

Questo trasferimento può avvenire:

  • in modo diretto: questo tipo di contaminazione avviene di solito a partire da un alimento crudo contaminato che entra in contatto con un cibo cotto, ad esempio mescolando ingredienti crudi e cotti in uno stesso piatto (vedi insalata di pollo), o un gocciolamento fra gli alimenti, ad esempio fra due alimenti in frigorifero posti l’uno sopra l’altro;
  • in modo indiretto: attraverso dei mezzi che fungono da intermediari come superfici di lavoro e utensili da cucina (coltelli, taglieri, etc.). Anche le mani della persona che prepara il cibo possono essere veicolo di contaminazione se prima hanno toccato alimenti o utensili contaminati e non sono state successivamente lavate, cosi come gli indumenti.

Vi invitiamo pertanto a scoprire gli accorgimento che si possono adottare, per evitare tale tipo di problematica, attraverso la visione del video della serie «100 secondi» prodotto dal Laboratorio comunicazione della scienza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie:

Cos’è la shelf-life di un alimento? Da cosa dipende la durata del prodotto e chi la stabilisce? E quale differenza c’è fra le varie diciture sulla scadenza che troviamo nelle confezioni dei prodotti alimentari?

A tutte queste domande rispondono gli esperti dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie in un video della serie “100 secondi”.

Il termine shelf-life significa “vita di scaffale” e si utilizza per dichiarare la vita commerciale del prodotto, quindi il tempo che trascorre tra la produzione e il consumo dell’alimento senza che ci siano rischi per la salute del consumatore. In questo periodo avvengono inevitabilmente delle modifiche alle caratteristiche organolettiche dell’alimento che determinano un decadimento progressivo della sua qualità, ma tutto ciò non deve compromettere la sua sicurezza igenico-sanitaria.

La shelf-life dipende perciò dalle caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche del prodotto alimentare e dalla sua composizione, oltre che dai trattamenti di conservazione e dal confezionamento.

Il produttore ha la responsabilità di definire la durata della shelf-life, anche con prove di laboratorio, per individuare dopo quanto tempo il prodotto non può essere commercializzato.

 La durata della shelf-life è indicata sulla confezione con la data di scadenza o con il termine minimo di conservazione (tmc).

La data di scadenza corrisponde alla dicitura “da consumare entro il…“, oltre la quale l’alimento non è più sicuro e non deve essere consumato.

Il tmc, indicato in etichetta come “da consumarsi preferibilmente entro il…“, segnala che oltre quella data può esserci un decadimento delle qualità organolettiche del prodotto ma lo stesso può essere consumato senza rischi, preferibilmente il prima possibile.

Di seguito il video dell’IZSVe:

 

FONTE: Il Fatto Alimentare

Una problematica troppo spesso sottovalutata

 

Presenti negli ambienti più diversi i biofilm sono aggregati di microrganismi che formano sottili pellicole aderenti ad una superficie inerte o vivente.

Il biofilm può essere paragonato ad una sorta di comunità di batteri capaci di comunicare tra di loro e di concentrare i propri sforzi verso l’insediamento, la proliferazione sulla superficie colonizzata e la protezione dalle minacce esterne.

Questo fenomeno comincia con un residuo di materia organica o inorganica presente su una superficie che visivamente può anche risultare “pulita”, ma che di fatto non lo è.

Questo strato comincia poi con l’andare del tempo (si parla anche di poche ore) a inglobare materiale vario, cibo, altri batteri e quindi matura grazie anche al di ruolo attivo dei batteri che si “collegano” gli uni agli altri e trattengono le particelle sfruttando le strutture naturali che di cui sono dotati (pili, flagelli, fimbrie). Per esempio un batterio molto conosciuto nel settore alimentare, Lysteria, si attacca alle superfici attraverso strutture filamentose presenti sulla sua superficie.

Un biofilm libero di maturare ed insediarsi sulla superficie di lavoro in breve tempo risulterà indissolubilmente legato alla superficie stessa e sarà a quel punto capace di sostenere le forme batteriche al suo interno anche in presenza di condizioni avverse alla crescita, rendendo le pulizie ordinarie del tutto inefficaci.

L’adesione può peraltro avvenire su quasi qualsiasi materiale (soprattutto se segnato o rovinato) dall’acciaio inossidabile alle materie plastiche.

Ovviamente sono a maggior rischio tutte quelle aree dei nostri ambienti che sono più difficili da raggiungere e quindi da pulire (guarnizioni, filtri, giunzioni, tubature, sifoni ecc.)

Il problema del biofilm non è però solamente quello di lavorare in ambienti igienicamente inadeguati alla produzione alimentare. Può capitare infatti che frammenti di biofilm si stacchino dalla struttura principale e vengono disseminati nell’ambiente, attraverso un flusso d’acqua o attraverso il contatto con superfici di attrezzi , utensili, pelle di chi lavora. Si parla in questo caso di contaminazione crociata: i batteri possono finire sui cibi contaminandoli, rappresentando quindi anche un rischio sanitario, ed alterando la vita media del prodotto che risulterà ridotta di molto.

Altra conseguenza è che questa presenza costante di materiale organico misto a batteri sulle superfici ne altera a lungo andare la struttura determinando anche fenomeni di corrosione e deterioramento di utensili e attrezzature, costo anche questo da non sottovalutare e che in sede di ispezione può anche tramutarsi in sanzione per mancata gestione delle manutenzioni.

UN BEL PROBLEMA MA COME ME NE ACCORGO?

Spesso il fenomeno, soprattutto nelle sue prime fasi, non è sempre facile da percepire in particolare a casa o in piccole attività, tuttavia vi sono diversi indizi che possono far sospettare che è in atto:

  1. segnali visivi che sono indicativi, come ad esempio quella presenza di riflessi arcobaleno sull’acciaio inossidabile di una superficie dovuta a permanenza di unto e umidità;
  2. segnali tattili quali la sensazione viscida al tocco trasmessa da materiali che appaiono puliti visivamente parlando;
  3. odori inconsueti emanati da una superficie non rappresentano necessariamente una indicazione precisa di presenza di biofilm ma sono segnali di allarme sulla scarsa qualità delle pulizie effettuate, condizione predisponente alla colonizzazione di una superficie.

Per chi invece gestisce la sicurezza dei suoi alimenti in maniera maggiormente analitica (ad esempio tutte quelle attività dove vengono fatte analisi microbiologiche periodiche su superfici, attrezzature e prodotti) un indizio della presenza di biofilm può essere data da un picco periodico di carica batterica sulle superfici di lavorovariazioni non facilmente spiegabili della shelf-life dei prodotti, o analisi che dimostrano alte cariche batteriche sui prodotti finiti.

Anche l’utilizzo, dove opportuno per la rigorosità delle procedure di controllo, di test rapidi di verifica della sanificazione, quali quelli che registrano la presenza di residui organici, ATP o quelli basati su bioluminescenza, può fornire elementi utili di riflessione in merito alla sua presenza in azienda.

COSA STO SBAGLIANDO E COME RIMEDIO?

Alcune condizioni di lavorazione degli alimenti, alcune modalità di produzione e alcune negligenze possono favorire negli ambienti la comparsa di biofilm:

  1. turni intensi di produzione con tempi non adeguati o estremamente ridotti per le sanificazioni che vengono quindi effettuate poco e male;
  2. mancanza di piani di sanificazione conformi a quanto richiesto dalle procedure di autocontrollo (in termini soprattutto di modalità e frequenze);
  3. prolungato contatto dei cibi con le superfici, ad esempio in macchinari per quanto riguarda la produzione industriale oppure per scarsa organizzazione del lavoro nelle attività artigianali;
  4. attrezzature e utensili igienicamente non adatti e senza adeguata manutenzione/sanificazione.

Diventa quindi fondamentale prevenire la formazione del biofilm attraverso una gestione accurata e scrupolosa delle operazioni di sanificazione, rispettando in primis alcune semplici regole:

  • pulitura a secco per allontanare il materiale particellare e i residui solidi più voluminosi dalle superfici di lavoro (aspirazione, spazzatura, spolveratura, spazzolatura, ecc.)
  • risciacquo con acqua potabile calda che serve ad ammorbidire lo sporco. La temperatura dovrebbe essere intorno ai 50 °C cioè tale da permettere l’attacco delle particelle di grasso ma al tempo stesso inferiore ai 60 gradi perchè potrebbe determinare la “cottura” dei residui organici e il consolidamento di quelli minerali con adesione maggiore alla superficie ed effetto di protezione aggiuntivo del biofilm;
  • detersione: da effettuarsi con i detergenti appropriati in relazione alla superficie da pulire (neutri, acidi o alcalini) e le caratteristiche del materiale. In questa fase anche l’azione meccanica effettuata con attrezzature adatte è un elemento importante nella rimozione del biofilm;
  • risciacquo del detergente: tale da eliminare i residui di sostanza chimica che potrebbero interferire con la fase successiva;
  • disinfezione: la corretta pratica dovrebbe ridurre qualsiasi eventuale batterio ancora presente sulla superficie a livelli trascurabili. Il disinfettante va sempre utilizzato su superfici già pulite, per i tempi minimi e alle concentrazioni indicate dal produttore.
  • verifica della sanificazione: si tratta di una fase spesso ignorata, ma che periodicamente andrebbe sempre condotta attraverso l’utilizzo di test usa e getta in grado di individuare il grado di pulizia di una superficie.

Fonte Alimenti e Haccp: https://www.alimentiehaccp.com/2018/02/24/avete-mai-sentito-parlare-di-biofilm/