Uno dei rischi più sottovaluti nella preparazione degli alimenti è quello legato al trasferimento, non intenzionale, di microrganismi o sostanze chimiche da un alimento ad un altro.

Si parla in questo caso di contaminazione crociata.

Tale tipo di contaminazione può verificarsi normalmente anche nelle cucine domestiche e può costituire un serio pericolo nel momento in cui a essere trasferiti sono microrganismi patogeni che,  in certe condizioni, possono causare tossinfezioni, oppure sostanze che possono causare allergie, intolleranze  o tossicosi.

Questo trasferimento può avvenire:

  • in modo diretto: questo tipo di contaminazione avviene di solito a partire da un alimento crudo contaminato che entra in contatto con un cibo cotto, ad esempio mescolando ingredienti crudi e cotti in uno stesso piatto (vedi insalata di pollo), o un gocciolamento fra gli alimenti, ad esempio fra due alimenti in frigorifero posti l’uno sopra l’altro;
  • in modo indiretto: attraverso dei mezzi che fungono da intermediari come superfici di lavoro e utensili da cucina (coltelli, taglieri, etc.). Anche le mani della persona che prepara il cibo possono essere veicolo di contaminazione se prima hanno toccato alimenti o utensili contaminati e non sono state successivamente lavate, cosi come gli indumenti.

Vi invitiamo pertanto a scoprire gli accorgimento che si possono adottare, per evitare tale tipo di problematica, attraverso la visione del video della serie «100 secondi» prodotto dal Laboratorio comunicazione della scienza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie:

Cos’è la shelf-life di un alimento? Da cosa dipende la durata del prodotto e chi la stabilisce? E quale differenza c’è fra le varie diciture sulla scadenza che troviamo nelle confezioni dei prodotti alimentari?

A tutte queste domande rispondono gli esperti dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie in un video della serie “100 secondi”.

Il termine shelf-life significa “vita di scaffale” e si utilizza per dichiarare la vita commerciale del prodotto, quindi il tempo che trascorre tra la produzione e il consumo dell’alimento senza che ci siano rischi per la salute del consumatore. In questo periodo avvengono inevitabilmente delle modifiche alle caratteristiche organolettiche dell’alimento che determinano un decadimento progressivo della sua qualità, ma tutto ciò non deve compromettere la sua sicurezza igenico-sanitaria.

La shelf-life dipende perciò dalle caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche del prodotto alimentare e dalla sua composizione, oltre che dai trattamenti di conservazione e dal confezionamento.

Il produttore ha la responsabilità di definire la durata della shelf-life, anche con prove di laboratorio, per individuare dopo quanto tempo il prodotto non può essere commercializzato.

 La durata della shelf-life è indicata sulla confezione con la data di scadenza o con il termine minimo di conservazione (tmc).

La data di scadenza corrisponde alla dicitura “da consumare entro il…“, oltre la quale l’alimento non è più sicuro e non deve essere consumato.

Il tmc, indicato in etichetta come “da consumarsi preferibilmente entro il…“, segnala che oltre quella data può esserci un decadimento delle qualità organolettiche del prodotto ma lo stesso può essere consumato senza rischi, preferibilmente il prima possibile.

Di seguito il video dell’IZSVe:

 

FONTE: Il Fatto Alimentare

Al giorno d’oggi la formazione viene considerata uno degli interventi fondamentali per garantire la sicurezza sul lavoro, ma molto spesso tale obiettivo viene disatteso, come lo dimostrano i numerosi infortuni dovuti a comportamenti errati da parte dei lavoratori.

Perché accade questo? Quali sono le criticità e i limiti della formazione “tradizionale”?

  • molte volte la formazione è noiosa;
  • non risulta “trasferibile sul luogo di lavoro”;
  • spesso non viene progettata e non risponde, di conseguenza, alle esigenze dell’azienda e dei lavoratori, trasformandosi in una ripetizione di contenuti standard, uguali per tutti, piuttosto che personalizzati sulla singola realtà aziendale;
  • frequentemente si traduce in una mera riproduzione di slide… diventando un mero obbligo formale e non un “processo educativo”;
  • in genere prevede inadeguate modalità di verifica dell’apprendimento che non accertano le reali conoscenze e competenze acquisite durante il percorso formativo.

Capita inoltre che l’analisi dei bisogni formativi e del contesto organizzativo spesso manchi e/o risulti superficiale. In questo caso l’intervento formativo può:

  • risultare corretto sul piano formale, ma distante da ciò che serve realmente;
  • essere percepito come una cosa poco utile, distante dai veri problemi dell’azienda.

Oltre a questo, spesso sono i destinatari stessi del corso a non approcciarsi in maniera corretta alla formazione, non capendone l’utilità, non riconoscendone il bisogno, e vedendola semplicemente come una giornata di “non lavoro”, “disincentivati” dai datori di lavoro stessi che preferirebbero avere i propri lavoratori attivi sul posto di lavoro piuttosto che seduti in un’aula.

Un’altra riflessione meritano, poi, anche le modalità con cui un docente dovrebbe erogare un corso di formazione alla sicurezza.

I docenti dovrebbero rapportarsi ai discenti:

  • rendendoli consapevoli dei vantaggi dell’apprendimento;
  • mettendo al centro dell’intervento le esperienze da loro maturate;
  • mantenendo viva la motivazione ad apprendere da parte dei discenti, attraverso l’analisi di sentenze, esercitazioni di gruppo, etc.;
  • affrontando e approfondendo temi specifici propri della realtà nella quale lavorano i discenti.

In definitiva si può affermare che fare formazione è come un’arte, e in quanto tale molto del suo successo si basa su come il formatore riesce ad interpretare il ruolo, sulla sua creatività e sulla sua esperienza, ma molto dipende anche da come l’intero percorso formativo è stato in primis analizzato e poi progettato.

Il mondo dei DPI, come tutti i processi legati al mondo della produzione in questi anni, sta subendo una forte evoluzione non solo dal punto di vista della ricerca tecnica dei materiali e tecnologie ma anche dal punto di vista della loro gestione e monitoraggio.

I distributori automatici dei DPI, ormai “intelligenti”, sono connessi e presentano interfacce al livello software ed hardware di estrema semplicità e liberano le azienda dal rischio della “burocratizzazione” delle lettera di consegna, liberando prezioso tempo delle risorse interne ed garantendo un ottimo governo dell’interno processo. L’introduzione dei distributori presenta innumerevoli benefici tra i quali:

  • Ottimizzazione dei magazzini e dei sotto-scorta (controllo consumi in forma istantanea)
  • Riduzione degli sprechi (ottimizzazione dei DPI ed analisi consumi)
  • Garanzia di tracciabilità della consegna dei DPI (garanzia di compliance normativa)
  • Segnalazione anticipata nella gestione delle ricariche dei magazzini
  • Controllo dei falsi prelievi
  • Personalizzazione nel processo di consegna e disponibilità h24 (fondamentale per aziende con aziende con processo continuo con turni)
  • Personalizzazione dell’interfaccia di consegna da parte dell’utente (nuovi DPI – associazione mansione/DPI , DPI/lavoratore ecc..)
  • Possibilità di erogare tramite schermi video – piccole videoprocedure sul corretto utilizzo per rafforzare la parte di formazione/addestramento

Si stanno diffondendo sistemi “Smart” applicati al mondo della gestione dei DPI grazie all’impiego di tecnologie come RFid  e IoT (-“Internet of Things” )che permettono di garantire una vigilanza continua sui DPI, semplificando l’attività di vigilanza, monitoraggio delle scadenze, garantendo inoltre la verifica e controllo degli accessi in aree a rischio (vedi Progetto Sodyra ® – Università del Salento).

Queste nuove tecnologie sono utili per colmare il divario tra sistemi tecnici e procedure di sicurezza che troppo spesso non riescono a dialogare in quanto le variabili in gioco presenti e la complessità delle relazioni risulta difficile da governare. Infatti il passaggio da tecnologica smart (che di fatto è un semplice “gadget”) a un sistema “smart”, permette di trasformare i dati in informazione, analizzarli e possibilmente trasformarli in conoscenza (paradigma Industria 4.0).

Se volete saperne di più vi aspetto il 25 Ottobre dalle 9.00 alle 12.00 presso la nostra sede di Lancenigo di Villorba.

Un cordiale saluto.

Alcune riflessioni sulla corretta gestione dei DPI

 

Prima di iniziare di parlare di DPI è di prassi tra noi “prevenzionisti” (professionisti della prevenzione) fare sempre la seguente premessa: i DPI devono essere utilizzati solo quando i pericoli di infortunio o di menomazione della salute non possono essere evitati o circoscritti in modo sufficiente tramite misure alternative, dispositivi di sicurezza o provvedimenti concernenti l’organizzazione del lavoro (Art. 75 D.lgs. 81/2008). Insomma i DPI devono esser sempre l’ultima carta da giocarsi quando non riusciamo ad abbassare l’asticella del rischio residuo a valore accettabili.

Una volta chiarito questo assioma della prevenzione, possiamo entrare nell’argomento specifico del prossimo corso “La corretta gestione dei DPI” programmato per il 25 Ottobre 2019.

La gestione dei Dispositivi di Protezione Individuale può diventare complessa soprattutto nelle realtà strutturate con numerosi dipendenti e con una variabilità elevata di dispositivi in dotazione. Grazie al livello di conoscenza tecnica e di approfondimento nella valutazione dei rischi ed alla sempre maggior evoluzione tecnica su materiali, spesso si registra un aumento dell’inventario dei DPI prescritti per ogni singola lavorazione ed attività. Difatti ogni Servizio di Prevenzione tende ad individuare per ogni rischio un DPI specifico grazie alla possibilità di definire in base al livello di rischio presente le prestazioni tecniche specifiche di riferimento. Da RSPP questo ragionamento non fa una piega… tuttavia se ci focalizziamo sull’aspetto interno gestionale questa “esplosione” di DPI e di relazioni può generare grossi problemi dal punto di vista organizzativo.

Questo fenomeno, assolutamente positivo per quanto concerne il livello di protezione garantito al lavoratore, tuttavia, come già anticipato, aumenta la complessità gestionale di questi articoli i quali oltre ad esser consegnati al personale corretto in funzione delle loro mansione/attività lavorativa vanno poi gestiti correttamente dall’acquisto al loro smaltimento.

Dalla nostra esperienza sul campo, abbiamo definito negli anni delle buone prassi da rispettare (ovviamente da declinare in base alla complessità ed esigenze aziendali) per affrontare correttamente la corretta gestione DPI al fine di “ingegnerizzare” un processo che spesso  viene affrontato con senza il corretto approccio metodologico e senza un corretto coinvolgimento delle figure aziendali.

Alcuni punti chiave sono:

  • MAPPATURA DPI: mappare e codificare tutti i DPI in azienda e verificare richiamo esplicito su DVR generale o specifico; la parte dell’inventario è fondamentale perché permette di “eliminare” DPI non più necessari o “ottimizzare” l’impiego di alcuni DPI garantendo delle prestazioni combinate. A volte al contrario si trovano discrepanze di DPI prescritti nei documenti e mai acquistati e consegnati;
  • DATI TECNICI: raccogliere tutti i dati tecnici del DPI, informativa, dichiarazione di conformità, foto specifica, scheda tecnica. Per questa attività è opportuno avere una tabella strutturata (meglio se un gestionale web) che permette di raccogliere le informazioni in forma ordinata ed analitica.
  • PASSAGGIO INFORMAZIONI UFFICIO ACQUISTI: passare i dati tecnici completi all’ufficio acquisti per garantire acquisto corretto dei DPI (indifferentemente da nome commerciali e costi); ricordarsi sempre di vietare tassativamente il cambio di marca e modello senza previa approvazione SPP in quanto spesso vi sono aspetti anche di natura ergonomica e di confort che vanno sottovalutati (guanti con stesse caratteristiche tecniche possono avere una vestibilità completamente differente e creare disagi nel lato produttivo)
  • MATRICE DPI- MANSIONE: redigere una matrice di sintesi che unisce DPI a MANSIONE precisando anche le tipologie di lavorazioni rispetto alle quali i DPI si rendono obbligatori/consigliati. Non basta definire il DPI generico per mansione ma deve esser precisato l’attività lavorativa per la quale viene richiesto l’utilizzo (esempio: occhiali di protezione EN 166 F a tenuta – addetto lavorazioni meccaniche; — necessario per protezione da schizzi di olio lubrorefrigerante e protezione da proiezioni di oggetti solidi medio impatto);
  • DPI-LAVORATORE: verificare situazioni particolari in cui il DPI risulta associato solo ad una MANSIONE SPECIALE (es. PES-carrellista ecc..) o un lavoratore abilitato per determinate lavorazioni. Spesso vi sono addetti con incarichi specifici rispetto ai quali è necessario garantire la consegna di DPI particolari.
  • PROCEDURA DPI: definire una procedura di gestione DPI completa che tenga in considerazione la vita del DPI dall’acquisto allo smaltimento. Si ricorda che le fasi minime da riportare sono: Scelta, Acquisto, Informazione/Formazione/Addestramento, Consegna, Conservazione, Pulizia e mantenimento, Controllo e verifica (ispezione e scadenze), Vigilanza, Ritiro, Smaltimento. Fondamentale predisporre una matrice RACI (matrice di assegnazione delle responsabilità) per stabilire in modo chiaro e trasparente le figure responsabili di attuare quanto descritto in procedura.
  • ISTRUZIONI OPERATIVE: per i DPI con obbligo di addestramento (III Categoria) e non solo, predisporre delle brevi istruzioni operative (massimo 1-2 pagine privilegiando foto ed immagini) da utilizzare in fase di addestramento (valutare anche uso di VIDEO ILLUSTRATIVI e foto); le informazioni devono esser ricavate in primis dal libretto di istruzione del DPI (ogni marca e modello ha le sue caratteristiche es. imbracature anticaduta).
  • SEGNALETICA DPI: affiggere la dovuta cartellonistica di obbligo DPI presso gli ambienti di lavoro, postazioni e macchinari. La segnaletica si ricorda deve esser conforme UNI 7010:2015 e rispettare la dimensione minima in base alla distanza di visibilità richiesta.
  • INFORMAZIONE-FORMAZIONE-ADDESTRAMENTO: effettuare una riunione specifica con i lavoratori a gruppi di max 15 persone per INFORMARLI-FORMARLI e soprattutto ADDESTRARLI sull’uso dei DPI specifici (chiarire dubbi e precisare corretta gestione). Questo incontro deve esser verbalizzato ed il docente deve esser persona con comprovata esperienza sull’uso dei DPI (meglio se docente sicurezza abilitato ai sensi DM 06/03/2013).
  • CONSEGNA: finita la riunione formativa viene sottoscritta lettera DPI completa con riferimenti normativi, DPI consegnati (richiamare anche i DPI a disposizione), taglia consegnata; firma obbligatoria del lavoratore e del referente della consegna (preposto-dirigente-DdL).
  • PASSAGGIO INFORMAZIONI MAGAZZINO: fornire tutti i dati necessari al referente interno gestione DPI (spesso resp. magazzino – preposto) su DPI da consegnare per MANSIONE e per PERSONA e sulle modalità di conservazione, ritiro e smaltimento dei DPI. E’ necessario pertanto fornire pertanto modulo lettera di consegna, istruzioni suo DPI, tabella di sintesi DPI-Mansioni con eccezioni per mansione speciale e lavoratore;
  • VIGILANZA DPI: fornire – previa formazione specifica dei preposti – apposito modulo di controllo da redigere periodicamente o in caso di riscontro di non conformità specifico sui DPI. Il modulo dovrà esser a crocette e di veloce redazione con un richiamo sui DPI obbligatori per mansione/attività lavorativa. Tale modulo di segnalazione deve esser consegnato ad RSPP regolarmente e discusso in sede di riunione interna preposti.
  • COINVOLGIMENTO MEDICO COMPETENTE: come da obbligo normativo in sede di riunione periodica art. 35 comma 2 lett. c) è necessario discutere dei DPI chiedendo anche parere al Medico e discutendo eventuali incompatibilità personali. Molto spesso il Medico Competente non viene sufficientemente coinvolto nella scelta e gestione dei DPI ed entra in gioco solo in caso di prescrizioni/limitazioni che rendono impossibile l’impiego dei DPI aprendo la complessa questione del cambio mansione.
  • GESTIONALE INFORMATICO: sempre di più per governare correttamente il processo è necessario implementare uno strumento informatico che ci aiuti a gestire le numerose relazioni e possibili allarmi e non conformità. L’impiego di semplici excel e word può risultare estremamente complesso e poco efficace in quanto non vi ha un’analisi complessiva dei dati, una gestione rapida ed efficace del cambiamento e un monitoraggio delle scadenze e attività da attuare.
  • REVISIONE PERIODICA: è fondamentale non dimenticarsi di verificare periodicamente tramite appositi audit con check list mirate se i DPI a disposizione sono coerenti con i DVR aziendali, se le procedure sono allineate e complete, se i DPI in dotazione sono corretti. La chiave per gestire al meglio il tutto è applicare la logica del Sistema di Gestione ovvero tramite il classico ciclo di Deming (Plan-Do-Check-Act) che ci obbliga ad un approccio sistemico con momenti di audit periodici e attività di miglioramento continuo.

 

Come risulta chiaro la gestione dei DPI è un processo che interessa molti attori e pertanto è fondamentale che il passaggio delle informazioni avvenga con chiarezza e che siano definite in modo chiaro le responsabilità delle varie figure coinvolte.

In allegato riporto link  sulla tematica con utili strumenti di supporto ed approfondimento:

Se volete saperne di più vi aspetto il 25 Ottobre dalle 9.00 alle 12.00 presso la nostra sede di Lancenigo di Villorba al seminario di 3h valido anche come aggiornamento RSPP/ASPP, “La corretta gestione dei DPI“.

Un cordiale saluto.